La guerra a casa nostra: i racconti della gente

 

Il racconto di Graziella Norma Rea

 

di Paolo Mastroianni

 

 

La guerra è sempre stata uno strano affare, capace di tirar fuori il peggio dell’umana natura ma qualche volta di mostrarci inaspettati slanci di altruismo e solidarietà, in momenti in cui queste parole dovrebbero apparire, svuotate di significato, dalla pancia vuota e dai morsi della fame. Eppure, nonostante possa sembrare paradossale, è proprio in questi momenti che tali slanci prendono forma e si manifestano.

Questa bellissima storia che mi è stata raccontata da Rea Graziella Norma, che tutti conosciamo per averci per tanto tempo fornito “il pane quotidiano”, ne è la testimonianza.

Siamo sul finire del secondo conflitto mondiale, gli Americani hanno piegato la resistenza tedesca sulla linea Gustav, sfondando il fronte teutonico a Cassino, dopo una delle più feroci e sanguinose battaglie della seconda guerra mondiale, la popolazione locale, stremata da una guerra di cui capisce sempre meno il senso, cerca di arrabattarsi come può per mettere insieme, ogni giorno, il pranzo con la cena, impresa assai complicata quando non disperata. A Carnello una giovane donna di nome Ida Rea (zia di Norma), che tutti in paese chiamano col diminutivo di “Idarina”, ha trovato il modo di mettere qualcosa sotto i denti per lei e la sua famiglia, offrendosi di lavare gli indumenti degli ufficiali di un battaglione dell’Esercito americano, di stanza a Isola del Liri (Villa Levebvre-Pisani), percorrendo una distanza di circa 6 km, tra andata e ritorno, in bicicletta, molte volte accompagnata dal fratello Costantino (padre di Norma). Non riceve soldi in cambi di questi servizi ma generi alimentari, il che in quel momento è anche meglio del denaro. Un giorno come altri, Costantino inforca la bicicletta e va a riprendere la sorella, mentre si accingono a ripartire per Carnello, Costantino nota, dietro una tenda da campo dell’accampamento americano una serie di razioni, avanzi probabilmente della colazione, buttate in un avvallamento del terreno, ma non contaminate da terra o sporco di altro genere, insomma buone da mangiare. Pane bianco in cassetta, burro, marmellata e quant’altro. Non si può lasciare quel ben di Dio lì a marcire, quando a Carnello molte famiglie con bambini piccoli stanno patendo la fame. Al pensiero segue immediatamente l’azione, Idarina rimedia subito un bidoncino di latta che in origine conteneva marmellata per le truppe americane, in quel bidoncino vengono “caricati” tutti quegli avanzi, che in quel momento per la nostra gente, non solo non sono avanzi, ma costituiscono un lusso. Chi ha mai visto il pane bianco in cassetta? O la marmellata e il burro che non si vedono da anni? Caricato tutto ripartono in bicicletta con 2 buste di vettovaglie (la paga di Idarina) ai lati del manubrio della bicicletta, Costantino in sella a pedalare, Idarina sulla cannola della bicicletta, il bidoncino al centro sul telaio del manubrio, e via di buona lena verso Carnello. All’arrivo quasi tutti stanno dormendo, ma quel cibo va consumato subito altrimenti potrebbe non essere più buono e sarebbe un vero peccato. Detto fatto, Idarina allestisce dei “piattini” con delle porzioni misurate sul numero delle famiglie e soprattutto dei bambini che dovranno ricevere “la colazione americana”, e via di corsa a svegliare tutto il vicinato. Naturalmente nessuno si arrabbia, è un momento di felicità tanto grande quanto inaspettata, i bambini mandati a letto digiuni, consumano quel cibo con la gioia dipinta sul viso, gli adulti tirano un sospiro di sollievo, anche oggi sono riusciti a mangiare e soprattutto a far mangiare i loro bambini. Idarina e Costantino sono felici, i loro sforzi sono ripagati da quei sorrisi e dalle facce piene d’incredulità alla vista del pane bianco, della marmellata: “ma, dove avete preso tutta questa roba?” è la domanda che sorge sulla bocca di tutti, ma ora bisogna mangiare, ci sarà tempo per le spiegazioni.

Come vedete una storia semplice che ci parla di solidarietà in un momento difficile della nostra storia, quando eravamo noi a morire e a mangiare gli avanzi degli altri, non avevamo niente, e quel niente lo dividevamo volentieri, come se non avesse alcun senso stare bene, con la disperazione accanto alla porta, salvarsi sacrificando chi ci viveva vicino. Abbiamo voluto raccontarla questa storia, soprattutto ai più giovani per fare in modo, non tanto che queste cose non si ripetano più, ciò non è in nostro potere, quanto per testimoniare che queste cose sono successe per quanto oggi sembri assurdo e che 70 anni fa molti si sono presi per mano e si sono stretti forte aspettando che la bufera passasse e che il sole tornasse a splendere anche sotto forma di una “colazione americana”. Grazie Norma per avercela raccontata.

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