La guerra a casa nostra: i racconti della gente

 

Il racconto di Romualdo Viscogliosi

 

di Paolo Mastroianni

 

 

Romualdo Viscogliosi, classe 1928, appena adolescente, ha lavorato come ragazzo factotum per le truppe tedesche che si erano insediate a Carnello nel 1941. Il quartier generale si trovava nella casa di “N’culin gl’ t’nent” (al secolo Nicola Tomaselli) proprio sopra la bottega, sotto abitava Romualdo, che all’epoca era un ragazzotto di appena tredici anni.

Naturalmente non ci volle molto per fare amicizia con gli allora alleati tedeschi, e cominciare a fare piccoli lavori per loro conto.

Per esempio fu mandato insieme ad altri ragazzi a fare legna da ardere per riscaldare i tedeschi e smontarono una palizzata di legno che era posta in localita “Formette” a delimitazione del canale che passa in quella zona, per ricavare il legno. Fu impiegato anche per caricare, in quel di Sora, la breccia che serviva per i lavori di manutenzione del manto stradale, che allora naturalmente non era asfaltato. Inoltre aiutava nelle cucine che erano state allestite a “Ciccione”, dove c’erano le baracche dal terremoto del 1915, per far mangiare il migliaio di soldati tedeschi che soggiornava nel nostro paese. Aveva un tesserino che attestava il suo status di lavoratore per le truppe tedesche e per tutti questi lavori riceveva una piccola paga e dieci sigarette al giorno, lui naturalmente metteva tutto nelle mani del padre. Altre cucine erano situate vicino allo stabilimento di “Caschera Mobili”, dove oggi sorge un palazzo di recente costruzione. In quelle cucine portavano spesso i cavalli dal fronte, azzoppati o uccisi, e li macellavano, distribuendo poi la carne. Il padre di Romualdo portava poi questa carne ricevuta, al Collecarino dove c’erano “sfollate” la moglie e quattro figlie femmine. Molte famiglie, specie quelle che avevano figlie femmine, avevano deciso di sfollare da Carnello e stabilirsi nei dintorni, perché le loro figlie, specie se avvenenti, non cadessero preda di attenzioni troppo “ravvicinate”, da parte dei soldati tedeschi, e in ossequio al proverbio “occhio non vede cuore non duole” avevano deciso di cambiare aria in attesa di tempi migliori. Romualdo Viscogliosi a 15 anni

Romualdo ricorda bene quando ci fu il rastrellamento di tutti gli uomini abili al lavoro, da portare al fronte, vale a dire a Cassino per eseguire lavori di fortificazione delle difese e di trasporto armi e munizioni. Ormai non eravamo più alleati e i tedeschi ci trattavano alla stregua di prigionieri. In quel rastrellamento venne fermato insieme al padre, più o meno all’altezza dell’odierno Bar “Cin Cin”. Lui fu rilasciato perché aveva il famoso tesserino e ormai dopo più di tre anni i tedeschi lo conoscevano bene. Cercò di intercedere per il padre, ma non ci fu nulla da fare, vennero tutti portati a lavorare al fronte. Per fortuna, dopo qualche tempo, il padre riuscì a fuggire e per vie traverse a tornare a casa. Con la fine della guerra, Romualdo fu mandato a lavorare nel lanificio D’Ambrosio ad Isola del Liri e l’unico rimpianto che mi ha confessato è stato quello di non aver potuto continuare a studiare. All’inizio della guerra frequentava il secondo avviamento, ma una volta terminato il conflitto bellico aveva perso quattro anni di scuola, troppi, a giudizio della famiglia, ormai aveva quasi diciassette anni, non era più tempo di libri, ma di lavorare per portare a casa uno stipendio.

Siamo riconoscenti a Romualdo che oggi conta ottantasei primavere, per averci raccontato la storia di quest’adolescente di settant’anni fa che dovette crescere in fretta per via della guerra, portando pantaloni troppo larghi e una giacca che lo rendeva ancor più magro di quanto non fosse, e che lavorò per tre anni per le truppe tedesche facendo piccoli lavori che gli consentirono di provvedere a se ed aiutare la propria famiglia, quella stessa famiglia che tra figli, nipoti e pronipoti, oggi lo circonda d’affetto .

 

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