La guerra a casa nostra: i racconti della gente

 

Il racconto di Eugenio Parelli

 

di Anna Conte

 

 

Eugenio è figlio di Antonio, invalido della Grande Guerra, ferito mentre era di pattuglia esplorativa per spiare le mosse del nemico. Poiché doveva confondersi con il paesaggio innevato non poteva indossare pantaloni e giubba; doveva muoversi, strisciando sulla neve, con indosso i mutandoni di lana lunghi e la maglia intima di colore bianco.

Il piccolo Eugenio, assieme al fratello Loreto di poco più grande, seguiva i consigli e le scelte del padre che di guerra aveva esperienza… Era solo un bimbo di 5/6 anni quando il fronte della 2° guerra mondiale si riversa anche sulle nostre zone.

I suoi ricordi di bambino, vividi ma frammentari, ci fanno rivivere alcuni momenti che nella loro crudezza avevano un certo fascino che mitigava la paura a favore dello stupore, della fantasia e della superstizione di fronte all’intensità degli eventi.

Ad esempio, nonostante il papà avesse scavato un “ricovero” in cui rifugiarsi durante i bombardamenti, continuavano tutti a dormire fuori come sacrificio per scongiurare il crollo della Chiesa.

Ricorda, con immagini chiare, la gente che correva a trovare riparo verso le colline boscose, terrorizzata dalla paura della rappresaglia per aver ucciso un tedesco, coinvolgendo anche la sua famiglia in questa fuga da morte certa se i tedeschi non fossero stati impegnati altrove in azioni militari di più grande livello.

Ricorda, con la stessa incisività, quando uno dei due tedeschi che erano passati a razziare bestiame e viveri, ruppero una giara in cui il suo papà aveva nascosto la sugna, la rubarono e la misero in un sacco.

Lui e il fratello osservavano intimoriti la scena, ma ad un tratto egli divenne ardito e si avvicinò piangendo a tentare un disperato e pericoloso recupero del bottino terrorizzando lo stesso fratello. Ma il gesto del bimbo impietosì il tedesco che aprì il sacco, tagliò metà sugna con il suo pugnale e gliela restituì. Increduli e soddisfatti corsero dalla madre che sbiancò di fronte al grave pericolo corso dai due figlioli.

Un altro episodio affiora alla mente di Eugenio. Due tedeschi passati a razziare un po’ di viveri, furono distratti da un somarello sardo che, avendo subodorato il pericolo, cominciò a far uno strano carosello. Ciò divertì molto i due militari che scimmiottarono per un po’ attorno al somarello e passarono oltre ignorando i due attoniti bambini.

Il suo papà aveva scavato nottetempo un ricovero grande in cui poter nascondere anche la mucca che rappresentava il miglior sostentamento della famiglia, alla quale non mancava comunque di che sfamarsi grazie all’accortezza e all’ingegno del padre. Ma un brutto giorno, mentre conducevano la mucca al ricovero, furono spiati, dalla collina di Costecalde, dai tedeschi, complice un italiano disonesto che veniva da “Minghitto”.

Questo, di giorno, passava insieme ad altri, camuffati da sfollati in cerca di asilo, perlustrava le zone e individuava le bestie; poi con l’ausilio dei cannocchiali aiutava i tedeschi a localizzarle.

Una notte, quasi all’alba, i razziatori tedeschi arrivarono. Costrinsero con i fucili spianati gli abitanti della zona a condurre le loro bestie in fila indiana al mattatoio, e poi ad andarsene con un calcio nel sedere, affranti per la perdita e la beffa, ringraziando comunque il Signore di avere salva la vita.

Persa la mucca, il papà non si perse di coraggio e informò la famiglia che non era il caso di disperarsi. Avevano ancora il somarello e del grano ben nascosto; passando attraverso il fitto bosco avrebbero raggiunto il mulino di S. Martino e avuto la farina per un bel po’: poi Dio avrebbe provveduto… Ma non fu così.

La notte successiva le bombe infuriarono su tutta la zona. La famiglia passò tutto il tempo nel ricovero. Ma quando i bombardamenti cessarono le persone che, in cerca di spazi più sicuri, salirono da S.Martino avvisarono che era saltato il ponte sul Fibreno ed il mulino era distrutto.

Addio farina… e le bocche da sfamare aumentavano!!! Gli sfollati da S. Martino erano rimasti in zona e davano una mano a scavare ricoveri, l’occupazione più frequente per nascondere le poche cose che erano riusciti a salvare.

Soldi non ce n’erano e chi aveva un macinino in casa se lo teneva stretto o lo offriva a prezzi altissimi…

Ma Antonio era tenace e mise in moto il cervello per trovare una soluzione. Individuò una grossa pietra che a sera inoltrata fece rotolare fino a casa. Sapeva fare un po’ di tutto, anche lo spaccapietre e lo scalpellino! Durante la notte con un colpo di maglio tagliò la pietra in due pezzi esatti ; con la pazienza che gli era congeniale e la determinazione che il bisogno aveva rafforzato, scavò i due pezzi del masso, vi inserì un congegno a manovella e ne ricavò un efficiente piccolo mulino. Toccava ai due bambini macinare il grano e ricavarne la tanto preziosa farina.

“Mettevamo il macinino su una vecchia tovaglia perché non si doveva sprecare nulla. Era stancante ma divertente - racconta Eugenio – e giravamo la mola un po’ a ciascuno per non stancarci troppo, uno di qua e uno di là.

Papà e mamma erano contenti e le sagne erano squisite ora che avevano racimolato anche un po’ di sale che veniva barattato con le uova!

Con la farina più grezza (praticamente con la crusca) mamma faceva il pane: era così buono che sembrava zucchero!

Verso la fine del conflitto il sale divenne la cosa più rara e più preziosa del tempo.

Un soldato inglese, cattivo rispetto agli altri alleati che intanto erano sopraggiunti, prese dalle mie mani le uova ma non mi diede il sale. Io piangevo e rivolevo le uova ma lui mi scansava beffardo. Arrivò un suo superiore che lo prese a calci nel sedere e ci diede il sale.. tra lo sconcerto di mia madre che, assistendo impotente alla scena, aveva temuto più serie conseguenze.

Poi c’erano i contrabbandieri che erano anche peggio; una volta in cambio di un chilo di sale volevano un prosciutto intero. Mio padre non volle, cominciò il prosciutto e scoprì che un pezzetto alla volta nel sugo serviva da insaporitore e da alimento!”.

La guerra, come tutti i momenti di difficoltà, aguzza l’ingegno!?!

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